Nel rifugio per animali Mansfield, la vita di Lucky è arrivata al capolinea. Tra pochi istanti uno dei guardiani verrà a prenderlo e lo porterà nella stanza denominata Abbattimento Animali. Il suo ultimo conforto è Fifi, una gattina che, tramite un buco fra le loro gabbie, riesce a parlargli. Proprio a lei Lucky affida il suo messaggio, le sue ultime parole che contengono il seme di una rivoluzione. Sull’onda emotiva del suo discorso, in parte motivazionale e in parte una sinistra profezia, Fifi coinvolge Titan, un altro cane impulsivo ma eroico in una rivoluzione che porta gli animali a cacciare gli umani e a prendere il controllo del rifugio. A quel punto cani, gatti e conigli fondano una nuova società in cui ognuno di loro dovrebbe essere libero. In teoria. Nella pratica i conflitti, le faziosità e i giochi di potere trasformano un’utopia in un sinistro regime autoritario capitanato da Piggy, un cane becero quanto carismatico, che trasforma il rifugio in un incubo febbrile che governa tramite un patto con quello che, fino al giorno prima, era il diavolo: gli esseri umani.
Quando una storia diventa un classico, quando entra nel mito consegnandosi all’immaginario collettivo come patrimonio della cultura, una delle pratiche a cui si espone sono i retelling. Il mercato editoriale è pieno, per certi versi infestato, di opere che tornano sulle trame dei classici e le narrano di nuovo adattandole alla sensibilità contemporanea. Con risultati alterni, c’è da dirlo, perché per misurarsi con una storia che ha trasceso il tempo bisogna essere in grado di aggiungere qualcosa a una o più opere che potrebbero aver detto tutto. Una di queste storie è La fattoria degli animali, di George Orwell, rivisitata da Tom King con il suo Animal Pound. Certo l’impresa non è delle più semplici, la statura dell’autore di alcune opere imprescindibili del canone contemporaneo è immensa e questo suo libro, insieme a 1984, manipola archetipi profondi, forse contemporanei alla nascita della riflessione politica tout court. Ma King, forse il destino letterario è intuibile dal cognome, uno sprovveduto certo non è, sceneggiatore solido come pochi e caposaldo della scena fumettistica statunitense.
Per rendere l’idea del lento scivolamento verso un sinistro incubo di morte e oppressione, si potrebbe dire che nel rifugio Mansfield una rana abita insieme a cani, gatti e conigli. Non una rana vera, ma un anfibio metaforico, quello che fa il bagno nella pentola sui fornelli accesi e non si accorge che, poco per volta, sta bollendo viva. Certo, qualcuno tra i protagonisti sembra percepire che le cose poco a poco sfuggono di mano ma nessuno sembra voler agire, sono tutti troppo dubbiosi, troppo poco sicuri, troppo indecisi per agire. Ma soprattutto sono pochi. La massa segue il capo carismatico, la massa ragiona per slogan, la massa non ama il cambiamento e se gliela sfili da sotto i piedi un centimetro per volta, la libertà, non si dà troppa pena per difenderla perché lottare è rischioso, è faticoso, e fintanto che chi finisce sbranato in un cespuglio non è uno dei tuoi non penseresti nemmeno che qualcosa possa accadere a te. Sono i conigli, i più deboli, a farne le spese almeno inizialmente e non a caso sono diffidenti, perché quando non hai zanne, artigli o muscoli poderosi la tua paura è tutto quel che hai per sopravvivere, o quantomeno per provarci.
Il nucleo della storia, la riflessione di fondo, rimane quella di Orwell la cui integrità non risente del trasporto in un’epoca contemporanea che si rivela tristemente adatta a recepirne il senso. Piggy è il leader carismatico contemporaneo. Volgare, rumoroso e con una forte connessione agli istinti più bassi, è il borghesotto che in tutta la sua miseria flirta con le lusinghe della seduzione autoritaria espressa con un messaggio terra terra, tanto comprensibile che non può non farti sentire intelligente anche se non lo sei, un gaslighting costante che capisci senza sforzo, o almeno così ti sembra, e a quel punto accetti la trasformazione del mondo intorno a te in tutto ciò da cui le cassandre provano ad avvertirti ma tu non le ascolti, perché il loro messaggio non è confortante.
Animal Pound è l’opera di uno sceneggiatore di thriller solido e padrone del mezzo che stacca verso la profondità nel realizzare un fumetto politico inquietante nella propria attualità, una rilettura che riesce a rendere attuale una storia senza tempo.