Quando la tradizione si fa alchimia

William Butler Yeats, La rosa segreta, tr. Giuseppe Sardelli, Galaad, pp. 124, euro 12,00 stampa

Spesso trascurato dalla critica letteraria come dai meccanismi ineffabili della traduzione in lingua italiana, La rosa segreta costituisce, tuttavia, un momento fondamentale della produzione letteraria di William Butler Yeats, poeta, scrittore e drammaturgo irlandese insignito del Premio Nobel per la Letteratura nel 1923. Pubblicata per la prima volta nel 1897, The Secret Rose rappresenta, infatti, un importante crocevia nell’opera di Yeats, nella quale la “ricerca della rosa segreta”, come si legge nella quarta di copertina, è da intendersi tanto come una ricerca all’interno del ricco patrimonio mitologico/folklorico irlandese – in un’epoca di crescenti tensioni culturali e politiche di segno indipendentista nei confronti del dominio britannico – quanto come una fase di ulteriore sviluppo della poetica autoriale. Per Yeats, in altre parole, non si tratta soltanto di rintracciare le proprie radici culturali ed esaltarle ipso facto, in un orientamento esclusivamente nazionalista, ma anche di darne un’interpretazione autoriale peculiare.

La rosa, del resto, non è soltanto un simbolo dell’Irlanda – tanto e forse ancora più importante del più noto trifoglio – ma anche la rosa alchemica, cui non per caso si riferisce il titolo di un’altra importante opera narrativa di Yeats, “Rosa Alchemica” (1896), confluita nelle Stories of Red Hanrahan (1904).  Ne deriva che anche nella prosa di Yeats e in modo specifico nelle storie della Rosa segreta, ricche come sono di soluzioni inventive, elementi fantastici e talvolta inaspettate aperture morali e spirituali, si possa rintracciare quel posizionamento ambivalente verso il nazionalismo irlandese che è stato tradizionalmente associato ai testi poetici più noti dell’autore, come per esempio “September 1913” o “Easter 1916”.

William Butler YeatsAllo stesso tempo, si precisa ulteriormente l’altrettanto ambivalente momento della sua poetica nella quale Yeats stesso descrive il proprio nazionalismo in termini intellettuali, più che politici: oltre a risultare funzionale alla costruzione di una strategia retorica basata su istanze nazionaliste eppure totalmente contraria all’apologia della violenza, l’impronta creativa dell’intervento di Yeats si svincola dalla mera intellettualizzazione, e insieme dal mero estetismo, alla ricerca di un terreno di compromesso che renda queste due spinte di nuovo produttive. Ed è, in effetti, la produzione di un nuovo mondo, contiguo ma anche diverso da quello del folklore, a caratterizzare le storie della Rosa segreta, rendendole vive, sulla pagina, ancora oggi e fuori dai confini nazionali irlandesi.

Alla luce di queste brevi considerazioni, la nuova traduzione, a cura di Giuseppe Sardelli, pubblicata da Galaad nella collana “Lilliput” – inaugurata, del resto, una decina d’anni fa da un’altra opera di Yeats nella traduzione di Sardelli, La storia di Red Hanrahan – si presenta come una notevole operazione di recupero. Un’operazione abilmente sostenuta tanto dallo stile traduttivo adottato, nello specifico, da Sardelli (secondo una scelta già in principio scomoda, perché basata su un impasto linguistico, tra aulico e moderno, di non facile, eppure ben riuscita, gestione), quanto dal progetto editoriale e culturale, sempre più chiaro e rilevante, delle edizioni Galaad.