Concerto per mano sola e orchestra

Guido Giannuzzi, Paul Wittgenstein, Il pianista dimezzato, Ogni uomo è tutti gli uomini – Edizioni, pp. 52, euro 9,50 stampa

L’autore di questo piccolo ma corposo libro è un musicista atipico. Professore d’orchestra (fagottista) del Teatro Comunale di Bologna e di varie formazioni cameristiche di livello prestigioso, tra diplomi di perfezionamento e premiata esperienza concertistico-musicologica, è laureato in Storia Moderna presso l’Università di Pisa e in Arti visive presso quella di Bologna. Queste sua speciale formazione è la cifra che gli permette di leggere una vicenda musicale – la storia del pianista Paul Wittgestein – con una visione più ampiamente storica, filosofica ed estetica.

L’epoca è tragica. Si è a ridosso del nazismo, dell’antisemitismo, della guerra. Il viennese Paul Wittgenstein inizia la sua carriera pianistica nel 1913. Meno di un anno dopo, in guerra, perde un braccio. Ostinato, feroce, superbo, Paul Wittgenstein prende una decisione che determinerà il suo destino: diventare un insuperabile pianista, anche se ha solo la mano sinistra. Il titolo del libro è un affettuoso richiamo al Visconte Medardo di Terralba, di Italo Calvino. «Tutti ci sentiamo in qualche modo incompleti,» disse Calvino, «Tutti realizziamo una parte di noi stessi e non l’altra».

Ma chi sono i Wittgenstein? Una ricchissima famiglia di origini ebraiche, non praticante e in parte cattolica, con i Mendelssohn come antenati. Karl, padre di Paul, era un ottimo violinista, sostenitore dei movimenti d’avanguardia viennesi. Mecenate colto, prese sotto la sua protezione artisti come Mahler e Joachim. Ma il suo interesse principale fu l’industria siderurgica, della quale divenne un magnate. Karl sposò Leopoldine, un’affermata pianista. Nel salone da concerti del loro palazzo si ascoltano Brahms, Richard Strauss, Schönberg. Ma Karl era un despota. Voleva che i figli lo imitassero, conservando e allargando l’imponente patrimonio familiare. Nessuno gli obbedì. Tre figli maschi si suicidarono. Ludwig, il famoso filosofo, si trasferì in Inghilterra. La storia della famiglia Wittgenstein è quella di una dinastia in decadenza, tra morte e trasfigurazione. Suicidi, crolli, omosessualità, sovreccitazione verso l’arte, malattie. Sembra quasi una messa in scena dei Buddenbrook di Thomas Mann.

Dopo la morte del padre, finalmente libero della sua pressante soggezione, Paul diede il suo primo concerto pubblico. Aveva pagato una celebre Sala da concerti di Vienna, invitando parenti e conoscenti, come claque. Dopo pochi mesi partì per il fronte russo. Fu colpito da una pallottola, operato, e al risveglio si ritrovò senza braccio destro. Il fratello, venuto a conoscenza della tragedia, scrisse: «Non posso fare a meno di pensare al povero Paul, che ha perso il suo lavoro! Che cosa terribile». Ma Paul cavalcò il trauma e decise immediatamente che nulla avrebbe fermato la sua vita di concertista. Trovò una tavola di legno, che considerò una tastiera, e prese ad esercitarsi per molte ore al giorno. Certo lo pensarono pazzo. Fu trasferito in un campo dove c’era un pianoforte e lui suonò il repertorio che conosceva a memoria, con la sola mano sinistra. Giannuzzi ci tiene incollati alla pagina, raccontandoci i particolari di questo ribaltamento. E’ lì che Paul decide. Non di fare il pianista, ma di essere pianista.

La limitazione spalancò qualcosa dentro di lui. Tornato a Vienna nel 1916, diede subito un concerto pubblico. Presto non si accontentò dell’arrangiamento delle musiche già composte. Inaugurò un lungo elenco di commissioni a compositori cui chiese di scrivere concerti per pianoforte e orchestra di virtuosistica complessità, per la sola mano sinistra. Inizia un racconto che diventa leggendario. È storia vera e ci lascia sbalorditi.

Nel concerto per pianoforte e orchestra di Korngold, l’orchestra era troppo grande e quindi rumorosa. Wittgenstein impose una sua revisione. È la volta di Hindemith. Quando Wittgenstein vide la partitura la considerò inammissibile e la mise sotto chiave. Giannuzzi ci racconta in che modo è stata ritrovata, solo pochi anni fa. Poi tocca a Strauss, uno dei più grandi compositori viventi dell’epoca, che Paul vedeva nel salone dei concerti di casa propria quando era bambino. Stesso copione: molto denaro, poco rispetto, opere bocciate.

Uguale sorte toccò a Prokof’ev col suo quarto concerto per pianoforte e orchestra. Quando lo vide Wittgenstein disse «non ho capito nulla, e quello che ho capito non mi piace». Quindi non lo studiò. Idem con Britten e il suo bellissimo Diversions for piano left hand and orchestra. Come committente, Wittgenstein aveva i diritti di prima esecuzione di opere che si rifiutava di suonare. Una situazione insopportabile per i compositori. Erano stati ben pagati, ma non potevano ascoltare le proprie opere.

Il caso più clamoroso è quello di Ravel. Si tratta anche del concerto più conosciuto dal vasto pubblico. Sul web si trovano 80 secondi del concerto originale, suonato da Wittgenstein. Il pianista è circondato da un pubblico attentissimo, tanto prossimo da sembrare seduto sul palco. Anche stavolta, anche nei confronti di uno dei compositori più grandi del mondo, Paul Wittgenstein si comporta in modo oltraggioso. Senza chiedere il permesso e senza neppure avvisarlo, Paul modifica la partitura.

Talvolta sorgono discussioni tra i compositori d’avanguardia e gli esecutori. I primi chiedono agli strumentisti di superare la prassi esecutiva convenzionale, cercando una nuova attitudine mentale, di tipo sperimentale. I secondi parlano di mancanza di senso, di eccesso di stravaganza fine a se stessa e lontana dalla musica. Perché mai un pianoforte dovrebbe suonare preparato, visto che è nato con le corde libere? Perché è quello che cercano i compositori: nuovi linguaggi, nuove voci. Ravel, genio del pianoforte, dell’orchestrazione e della signorilità, invitò in casa propria Wittgenstein e gli suonò il suo concerto per la mano sinistra. Per tutta risposta si sentì dire che il pezzo era mediocre, così come il pianista. Ravel dovrà aspettare che scadano i diritti d’esecuzione per poter ascoltare la propria musica, così come l’ha magistralmente scritta, e come noi oggi la conosciamo.

Era un bravo pianista, Wittgenstein? Troverete una risposta nel libro, e anche una saggia conclusione. Ma se volete farvene un’idea, su web si trovano ottime registrazioni dei concerti nominati.